Manovra 2026: il governo punta su affitti brevi e ISEE, ecco le novità decise al vertice

Manovra 2026: il governo punta su affitti brevi e ISEE, ecco le novità decise al vertice

Matteo Casini

Novembre 24, 2025

La riunione di maggioranza a Palazzo Chigi ha lasciato sul tavolo più di qualche cornice da ritoccare: non una rivoluzione dei conti, ma una serie di aggiustamenti mirati che cercano di bilanciare pressione politica e vincoli di bilancio. Nelle conversazioni tra i partiti sono emersi nodi concreti sul mercato della casa, sul risparmio privato e sulle norme per le imprese: misure pensate per intervenire dove l’impatto sociale è più visibile, senza però compromettere i saldi concordati con Bruxelles. Un dettaglio che molti sottovalutano è la quantità di emendamenti operativi che servono solo per mettere a punto la forma, non sempre la sostanza.

Affitti brevi e ISEE: quale equilibrio per i piccoli proprietari

Il confronto più immediato riguarda le locazioni brevi e le soglie ISEE. Sull’asse degli affitti brevi si valuta un aggiustamento della misura che aumenta la cedolare secca dal 21% al 26% per le locazioni gestite tramite piattaforme: la proposta al vertice punta però a salvare il caso del proprietario che affitta una sola casa, mantenendo per questi soggetti l’aliquota al 21% e confermando il limite di tre immobili oltre il quale l’attività è considerata impresa.

Manovra 2026: il governo punta su affitti brevi e ISEE, ecco le novità decise al vertice
Manovra 2026: il governo punta su affitti brevi e ISEE, ecco le novità decise al vertice – pompavolumetrica.it

L’obiettivo politico dichiarato è chiaro: limitare l’offerta di carattere turistico nelle grandi città senza penalizzare il piccolo risparmio immobiliare. Sul fronte ISEE il testo attuale esclude dal patrimonio la prima casa fino a 91.500 euro di valore catastale, con una maggiorazione riconosciuta per ogni figlio convivente. Al vertice è emersa la richiesta di adeguare quella soglia nelle aree metropolitane, dove i valori catastali sono più alti: si discute di soglie fino a 100.000 o 120.000 euro, per evitare che molte famiglie urbane perdano accesso a prestazioni sociali. Un elemento pratico che in molti notano riguarda proprio l’effetto delle distorsioni catastali nelle città: chi vive in centro spesso ha un valore catastale più alto senza avere una maggiore capacità economica. Ogni aumento della soglia richiede però coperture, perciò le opzioni sul tavolo restano legate a contropartite di spesa o posticipi calibrati.

Oro, dividendi e banche: le tensioni fiscali tra gettito e tutela

In tema di risparmio e fiscalità emergono proposte distinte ma interconnesse. Su oro da investimento c’è convergenza tra alcuni gruppi per introdurre un meccanismo di affrancamento per il materiale detenuto senza prova del costo di acquisto: l’idea è un’imposta sostitutiva calcolata sul valore di riferimento, con aliquote discusse intorno a percentuali singole cifre e possibilità di rateazione. Senza affrancamento chi vende senza documentazione potrebbe vedere applicata una tassazione elevata sull’incasso, con impatti differenti sui piccoli collezionisti e sugli investitori professionali. Le stime iniziali sono state ridimensionate: non più i miliardi prospettati in alcune ipotesi ottimistiche, ma piuttosto alcune centinaia di milioni utili come copertura mirata. Sull’articolo che riguarda le partecipazioni e i dividendi si discute di abbassare la soglia minima per la participation exemption, oggi fissata al 10%, per evitare che holding familiari e family office subiscano una pressione fiscale che modifichi la pianificazione patrimoniale. Tra le ipotesi sul tavolo emergono percentuali del 5% o l’introduzione di un tetto minimo di valore nominale della partecipazione. Il capitolo banche rimane il più delicato: la maggiorazione di IRAP prevista per banche e assicurazioni è stata oggetto di richieste di rimodulazione, con la proposta di un aumento aggiuntivo limitato ai grandi gruppi e misure di tutela per le medie e piccole realtà. Un aspetto che sfugge a chi osserva solo i numeri è l’uso che alcune forze politiche vorrebbero fare del gettito, ad esempio finanziare assunzioni legate alla sicurezza: questo intreccio tra politica e fisco rende le scelte particolarmente spigolose. Sullo sfondo le resistenze del ministero dell’Economia a interventi che possano compromettere la competitività del sistema finanziario restano un fattore di equilibrio determinante.

Imprese, Transizione 5.0 e il calendario delle scelte

Il capitolo industria mette al centro la gestione degli incentivi per gli investimenti tecnologici e i crediti d’imposta residui. Il governo ha deciso di riaprire la possibilità di fruire dei vecchi incentivi per gli investimenti 5.0, ma le risorse disponibili risultano inferiori alle richieste: le domande superano lo stanziamento previsto e si dovranno selezionare i progetti effettivamente avviati, con criteri che privilegeranno cantieri già partiti o ordini esecutivi. Le imprese interessate avranno la facoltà di scegliere tra il vecchio regime e la nuova versione della Transizione 5.0, pensata come forma di iperammortamento dall’inizio dell’anno, anche se molte questioni applicative attendono regolamentazione tecnica. Confindustria ha accolto positivamente il criterio di riapertura, ma segnala la necessità di estendere i termini amministrativi per evitare che investimenti in pipeline restino esclusi da entrambe le misure; un dettaglio che molti imprenditori lamentano è la difficoltà di programmare ordini e cantieri con scadenze amministrative ravvicinate. Sul piano politico la maggioranza ha fissato altri punti sensibili, come riduzioni puntuali di oneri e richieste di condoni edilizi, oltre alla proposta di inserire in legge affermazioni simboliche sulle riserve auree; nessuna intenzione di vendita è stata dichiarata, ma il dibattito rimane acceso e mostra come la partita delle coperture sia tanto tecnica quanto politica. Il ministero dell’Economia mantiene una linea chiara: qualsiasi modifica deve avere coperture certe e non mettere a rischio gli impegni internazionali. L’esito delle fasi parlamentari determinerà la forma finale delle misure e avrà ripercussioni concrete su case, risparmio e investimenti nel corso dell’anno, lasciando alle imprese e alle famiglie l’onere di adattarsi alle nuove regole.